Protocolli di sicurezza Covid-19: come essere in trincea

Giugno 25, 2020 VED Consulting

Protocolli di sicurezza Covid-19: come essere in trincea

Cosa significa predisporre i protocolli di sicurezza anti Covid-19?

Lo ammetto: ora che siamo entrati nella Fase 3 di questa emergenza e dopo gli innumerevoli aggiornamenti ai protocolli di sicurezza, mi sembra quasi di uscire da una trincea. Benché mi ci senta ancora piuttosto vicina.

Certo, nulla a che vedere con tutti gli operatori sanitari, i volontari e le forze dell’ordine che in questi mesi si sono battuti in prima linea.
Tuttavia, ogni volta che metto mano ad un nuovo protocollo operativo non posso che passare in rassegna rapporti, linee guida, decreti, chiarimenti perché le informazioni sono estremamente mutevoli. Soprattutto qui a Bergamo, nell’epicentro del contagio.

È vero, le misure da adottare, secondo i protocolli di sicurezza anti contagio, sono simili in generale. Ma poi devono essere adattate ad ogni singola realtà:

  • Come si lavora?
  • A che distanza?
  • Al chiuso o all’aperto?
  • Ci sono le maschere protettive delle vie respiratorie?
  • Se sì di quale tipo?
  • Ma se non ci sono come ci si comporta?
  • E il termometro ad infrarossi?
  • La mensa è utilizzata o meno?
  • Ci sono lavoratori cosiddetti “fragili”?

E così via.

Passo da una metalmeccanica di medie dimensioni ad una ditta di autotrasporti e poi ad un commercio di elettromedicali.
Ma quando arrivo alla ristorazione penso che il piano di autocontrollo in fondo contenga già tutto quanto serve. O almeno mi pare.

Cosa so di questo odioso virus che mi può essere utile per tutelare non solo i lavoratori ma anche gli alimenti e i loro consumatori finali?

Uno degli ultimi rapporti ISS informava che la possibilità che il tratto respiratorio venga infettato durante la masticazione di un alimento contaminato da droplets (goccioline) generate da un soggetto infetto NON può essere completamente esclusa.

Poi che il virus sopravvive sulle superfici da 48 ore a 9 giorni con un decadimento esponenziale del titolo virale; vale a dire che, nel caso degli alimenti espressi consegnati subito dopo la produzione, il rischio è molto più alto. È il caso delle pizze da asporto, del pane, dei pasti pronti, di quanto destinato alla consumazione immediata o quasi.

Quanto alle superfici, le variabili che incidono sulla vitalità prolungata del Covid-19 sono la matrice, la concentrazione, umidità e temperatura ma basti sapere che su carta e cartone – delle pizze ad esempio – rimane attivo fino a 24 ore.

Quindi durante la manipolazione e il confezionamento, ma anche il trasporto e la consegna al domicilio, deve essere scongiurata la dispersione di secrezioni respiratorie per evitare ogni tipo di contaminazione, diretta indiretta o crociata.

L’importanza di entrare in “confidenza” con il protocollo di sicurezza anti Covid-19

Penso a tutte le volte in cui, anche durante i corsi di formazione obbligatoria, ho spiegato che, soprattutto in cucina, in caso di affezioni respiratorie il personale deve astenersi dal lavoro o in alternativa proteggere colleghi e alimenti indossando gli specifici dispositivi di protezione individuale: una mascherina durante tutto il turno di lavoro e preferibilmente i guanti monouso. Ovviamente lavarsi spesso le mani ma, soprattutto, ricordare che l’emergenza sanitaria in corso impone pratiche di igiene indifferibili che imprimeranno il mondo della ristorazione in genere, anche quando il morso sarà allentato.

Sì, ne stiamo uscendo. O forse stiamo semplicemente imparando a conviverci, con il Coronavirus.

Dott.ssa Brunella Baldis
Consulente in ambito Sicurezza sul Lavoro ed Igiene degli Alimenti

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