Qualità dell’aria indoor nell’emergenza Covid

Luglio 7, 2021 VED Consulting

Qualità dell’aria indoor nell’emergenza Covid

Quanto è importante curare la qualità dell’aria indoor nell’emergenza Covid?

I droplet e gli aerosol sono il principale veicolo di contagio del virus responsabile della pandemia. Questo il punto fermo sia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS), che riconoscono oggi quanto la comunità scientifica afferma da oltre un anno.

Il quadro emergenziale in corso ha richiamato l’attenzione sull’importanza della qualità dell’aria indoor negli ambienti lavorativi, requisito già valutato indispensabile per tutelare la salute dei lavoratori e migliorare le loro performance.
Ed ecco che infatti l’ISS pubblica nei suoi ultimi rapporti (i numeri 11 e 12/2021) che “La qualità dell’aria indoor è parte integrante della gerarchia di gestione del rischio: migliorare la qualità dell’aria indoor è sempre stato un vero punto di forza per promuovere e salvaguardare la salute dei cittadini”.
Nei suddetti rapporti si legge anche che “Il rischio di contagio attraverso i droplet o attraverso la via aerea prevale rispetto a quello mediante contatto con le superfici o oggetti contaminati”.

Come curare la qualità dell’aria indoor?

Ormai sappiamo che l’eventuale insalubrità degli ambienti chiusi è determinata dalla combinazione di:

  • soluzioni impiantistiche adottate (estrattori ricircoli canalizzazioni ecc.)
  • comportamento degli occupanti
  • condizioni igieniche dei locali e dei sistemi HVAC (Heating, Ventilation and Air Conditioning),

e che il focus attuale è sulla possibile concentrazione e/o veicolazione di patogeni in sospensione nell’aria.
Pertanto, la prima prescrizione è un adeguato ricambio d’aria naturale o con ventilazione meccanica, così da apportare aria pulita dall’esterno e assicurare l’abbattimento delle concentrazioni delle fonti di inquinamento indoor (non solo virus ma anche COV, PM10, batteri, allergeni, funghi).

La ventilazione valutata ottimale dall’OMS è di almeno 10 L/s/persona (cioè litri d’aria al secondo per persona), mentre non è considerabile adeguata quando inferiore a 3 L/s/persona. Ma è indispensabile tenere conto del fatto che l’emissione respiratoria è funzione, oltre che del carico microbico/virale dell’espettorato, anche dell’attività metabolica e respiratoria del soggetto.
Nel caso del SARS-CoV-2 si è osservato un incremento decuplicato del valore emissivo nel passare da una condizione di semplice respirazione ad una nella quale il soggetto parla, e addirittura di circa 100 volte se il soggetto parla ad alta voce o canta!

Ogni ambiente richiede valutazioni diverse e interventi specifici

La valutazione dell’adeguatezza dell’areazione deve tenere conto quindi anche dell’attività effettivamente svolta dagli occupanti: se statica o dinamica, se caratterizzata da prossimità o meno, se altamente emissiva dal punto di vista respiratorio oppure no. Palestra, ufficio amministrativo, call center, sala riunioni o reparto produttivo: le esigenze sono completamente differenti.

Come era già noto, nel caso dei sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria, sono parimenti fondamentali manutenzione/pulizia ordinarie e condizioni di esercizio adeguate.
È necessario, quindi, verificare eventuali perdite di carico e quote di ricircolo d’aria e sostituzione, ove possibile, del pacco filtrante degli impianti con filtri ad alta efficienza per migliorare la qualità dell’aria in ingresso e di ricircolo.

Nella definizione delle misure più adeguate e tutelanti per la salute, però si torna inequivocabilmente al punto di partenza: igiene respiratoria, igiene delle mani e distanziamento interpersonale sono abitudini che non dovremo mai più dimenticare.

 

Brunella Baldis
Consulente e Formatrice su Sicurezza del Lavoro e Igiene degli Alimenti
brunella.baldis@vedconsulting.it

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